IL DRAMMA DELL'AMIANTO A CASALE E NEL MONDO





Non lo troverete su nessuna guida turistica, ma a Casale Monferrato, accanto al Castello, al Duomo, alla Sinagoga, al palazzo Anna d’Alençon c’è un monumento di archeologia industriale che una citazione la meriterebbe, eccome: i resti di una fabbrica che per ottant’anni, dal 1906 al 1986, anche se fuori Casale pochi tranne che negli ultimi tempi ne hanno scritto e parlato, ha drammaticamente segnato la storia della città. È ciò che rimane dell’«Eternit», la fabbrica del noto prodotto per l’edilizia.

L’«Eternit» a Casale ha lasciato di sé un pessimo ricordo. Ciò che essa produceva era un composto di cemento e di amianto che sarebbe stato innocuo, anzi benefico, se non avesse contenuto appunto l’amianto, che, oltre ad essere uno dei più pericolosi agenti cancerogeni che si conoscano, è causa di altre gravi malattie professionali, asbestosi compresa, soprattutto alle vie respiratorie. Con l’amianto hanno dovuto fare i conti non solo i lavoratori, dagli operai agli impiegati ai dirigenti dell’«Eternit», ma tutta la città. Sono infatti morti di tumori al polmone, e più in generale di affezioni indotte dall’amianto, non solo dipendenti dello stabilimento, ma anche, e forse soprattutto, persone che all’«Eternit» non hanno mai lavorato. Mentre l’asbestosi e i tumori al polmone e alla laringe hanno colpito quasi esclusivamente i lavoratori «Eternit», i casi di morte per mesotelioma pleurico, un tumore specificamente causato dall’amianto, hanno riguardato per i due terzi del totale persone che non hanno mai avuto rapporti professionali con la fabbrica.



Ma che cos’è l’amianto? È un minerale suddiviso in varie sottospecie di silicato di magnesio che si presenta in forme filamentose. Se viene a contatto con le vie respiratorie provoca quasi sempre gravi malattie broncopolmonari e in particolare una gravissima forma di tumore, il mesotelioma pleurico, che, oltre ad essere inguaribile è anche difficilmente curabile, al punto che porta rapidamente a morte per soffocamento. Le malattie da amianto poi hanno un lunghissimo periodo di latenza e manifestano i loro tragici effetti anche dopo decine di anni.

Perché a Casale patologie amiantifere hanno colpito anche non lavoratori dell’«Eternit»? Perché, per varie ragioni, l’amianto si è diffuso in tutta la città. Ad esempio: l’amianto, tutto di importazione, veniva trasportato dalla stazione ferroviaria alla fabbrica dapprima con un trenino e successivamente con autocarri, l’uno e gli altri con cassoni scoperti, che percorrevano la parte nord-occidentale della città. Il carico e lo scarico dell’amianto avveniva all’aperto, si diffondeva nell’aria e veniva a contatto con l’apparato respiratorio anche di persone non direttamente impegnate nello stabilimento. Inoltre, i residui del minerale contenuti negli abiti di lavoro dei dipendenti contagiavano anche i loro familiari.

Chiarisce il prof. Leonardo Santi, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova: «Le fibre di amianto lunghe e tortuose sono le meno dannose, mentre veramente pericolose sono quelle piccole e lanceolate. Penetrano nei polmoni provocando una fibrosi, poi arrivano alla pleura, generando una neoplasia, il mesotelioma pleurico appunto, che non lascia speranze».


Bruno Pesce prima, e successivamente Nicola Pondrano, entrambi segretari della Camera del lavoro di Casale e componenti il Comitato vertenza Amianto (cui aderisce anche l’Associazione vittime dell’amianto) e con loro molti altri sindacalisti non solo della Cgil, si sono impegnati allo stremo per liberare i lavoratori dell’«Eternit» e l’intera città di Casale dai pericoli dell’amianto. I loro appassionati interventi verso il mondo scientifico e politico hanno condotto nel 1986 alla chiusura dell’azienda e, nel 1992, alla legge che non solo ha vietato il totale impiego, l’importazione e l’esportazione dell’amianto, ma ha anche dettato norme per la decontaminazione dei siti inquinati.

Sarebbe però illusorio pensare che il problema amianto sia definitivamente risolto. La dottoressa Daniela De Giovanni, oncologa all’ospedale di Casale, allunga lo sguardo: «Il problema vero di Casale oggi». sostiene, «è rappresentato dai manufatti di cemento amianto. Nei prossimi anni il loro deterioramento e gli interventi di bonifica spontanea, prevedibilmente inadeguati, provocheranno una spaventosa dispersione di fibre d’amianto. Ciò causerà nei decenni venturi un aumento dei casi di mesotelioma tra il 30 e il 40 per cento. Purtroppo i casi di mesotelioma crescono tra le persone in età tra i 30 i 40 anni che furono esposte all’amianto da ragazzini, quando il sistema immunitario era meno in grado di fornire difese».

In Italia ed in Europa, causa la lavorazione degli anni passati ed il deterioramento dei manufatti sparsi un pò ovunque, il picco di morti è previsto fra il 2015 ed il 2020, addirittura l'Europarlamento nel maggio 2009 ha prorogato la data della definitiva cessazione dell'utilizzo della fibbra-killer (fino al 2015 in alcuni impianti potrà essere utilizzato l'amianto crisotilo, detto anche comunemente "amianto blu"), in molte parti del mondo (Centro America, Sud America, Africa ed Asia) l'amianto viene ancora lavorato e prodotto come se nulla fosse accaduto...




Romana Blasotti Pavesi (tratto dal documentario Indistruttibile), Presidente dell'Associazione Famigliari Vittime che è venuta a parlare al Primo Torneo Ultras Contro l'Amianto ne 2008, ha perso per questa malattia cinque famigliari fra i quali la figlia ed il marito.


VERTENZA AMIANTO ETERNIT
(La storia in sintesi raccontataci dall'Associazione Famigliari Vittime Amianto)
Sono iniziate il 6 aprile scorso le Udienze Preliminari presso il Tribunale di Torino, grazie alla richiesta di rinvio a giudizio dei Vertici di questa multinazionale Svizzero-Belga Stephan Schmidheiny ed il barone belga Louis de Cartier de Marchienne.220.000 sono le pagine di questa maxi inchiesta della Procura della Repubblica (il dottor Raffaele Guariniello), rivolta ai quattro ex stabilimenti Eternit di Casale Monferrato, Cavagnolo (To), Bagnoli (Na) e Rubiera (RE), quasi 3.000 sono, per ora, le vittime individuate come parti lese e comprese nel primo elenco depositato al G.U.P.: 2.000 morti e mille ammalati in tutto, il 75% sono vittime di Casale Monferrato (cittadina di 36.000 abitanti) di cui 500 sono cittadini deceduti per mesotelioma ed oltre mille lavoratori deceduti per asbestosi, carcinoma polmonare da amianto, mesotelioma pleurico o peritoneale, a Cavagnolo, paesino di meno di 3.000 abitanti, i morti sono stati 150... I mesotelioma, in Italia, sono oramai più di 1.000 all'anno, nella cittadina di Casale Monferrato, ultimamente, le diagnosi hanno raggiunto i 45 casi annui dei quali circa l'80% fra la popolazione in generale, speriamo di superare al più presto il “Picco”.

Alle spalle di quello che sarà il più grande processo sulle “morti bianche” d'Europa, c'è una lunga lotta “senza quartiere” contro l'amianto nel nostro Paese e, particolarmente, a Casale Monferrato. Potrebbe, dunque, essere emblematico quanto e come si è sviluppata, in questa località, la lotta contro l'amianto:Azione di tutela individuale, dei lavoratori, da parte del Sindacato (in particolare dalla Camera del Lavoro di Casale e del patronato INCA-CGIL e Cisl e Uil). Contenzioso medico-legale molto esteso con cause legali (anni '70 e, in forte crescita, negli anni '80) per il giusto riconoscimento delle malattie professionali amianto-correlate: ad esempio mentre la prima asbestosi fu riconosciuta a Casale Monferrato nel 1943, il mesotelioma in quanto tale, cioè non “accompagnato” da asbestosi, fu riconosciuto dall' INAIL solo nel 1987! Azione collettiva per la salute in fabbrica e fuori dalla stessa, occorre infatti sottolineare che ci furono tre fasi caratterizzanti la lotta: prima del sindacato, degli ambientalisti e delle Vittime, successivamente delle Istituzioni Locali.
1° Fase. Erano gli anni '50/60, il lavoro pesante, la polvere, il rumore ecc. facevano parte degli “argomenti” utilizzati in generale e, anche a Casale Monferrato, per ottenere miglioramenti salariali, di cui la famosa “monetizzazione” era una scelta normale, quasi obbligata.Infatti, all'epoca, era ben difficile sostenere obiettivi di modifica dell'organizzazione del lavoro ed era addirittura impensabile mettere sotto accusa l'utilizzo di una materia prima, come era nella fattispecie l'amianto, per ragioni di salute. La cultura dominante, infatti, considerava “normale” che l'operaio, lavorando, potesse ammalarsi, oltre che infortunarsi, magari anche morendo, in fin dei conti “era un operaio” e gli organi di controllo dell'epoca erano condizionati dalla “legge del più forte”. (Purtroppo, oggi la tendenza è un ritorno all’indietro).
2° Fase. Dal famoso '68 non scaturirono solo le lotte studentesche! Come dovrebbe essere noto, milioni di lavoratori, con lo sviluppo dell'Unità Sindacale e la grande conquista dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori del '70 diedero luogo, in modo sempre più esteso, ad una serie di lotte per migliorare l'ambiente di lavoro e per la difesa della salute in fabbrica con l'apporto importantissimo di medici e tecnici per la prevenzione.Negli anni '70 tutte le piattaforme rivendicative del sindacato, a partire dal livello aziendale, contenevano richieste specifiche proprio sull'ambiente e la salute in fabbrica e dunque anche alla Eternit si ottennero miglioramenti negli ambienti di lavoro.
3° Fase. Inizia la lotta contro l'amianto, contro l'utilizzo della stessa materia prima dell'Eternit mentre, con la crisi degli anni '80, mutarono le condizioni generali e cominciò a venir meno quella grande stagione sindacale per la tutela della salute nei luoghi di lavoro.All'Eternit di Casale, anche grazie al ruolo assunto di tutela dei diritti individuali dei lavoratori con Malattia Professionale e quindi anche alle conquiste collettive che migliorarono l'ambiente di lavoro, il sindacato con un evidente intreccio di ruoli con il Patronato Inca Cgil, acquisì quindi una certa credibilità ed “autorevolezza” fra i lavoratori a partire dalla fine degli anni '70 inizio anni '80 e, molto più tardi, nell'opinione pubblica. Per questo il passaggio della lotta sindacale alla messa in discussione sino in fondo del rischio amianto fu certo difficile e contrastato, ma non vide lo scontro frontale “classico” fra occupazionalisti ed ambientalisti, fra i lavoratori ed il sindacato, oramai sempre più di concerto con le Associazioni Ambientaliste negli obbiettivi di superamento dell'utilizzo dell'amianto. Certo i lavoratori erano molto preoccupati delle prospettive del proprio posto di lavoro e quindi della propria busta paga, è sempre bene essere però ben coscienti anche tra gli ambientalisti che la busta paga non è un optional in più del necessario.Questa terza fase dal 1979 si può così schematicamente sintetizzare:Forte sviluppo contenzioso medico legale, centinaia di cause in larga maggioranza con esito positivo, per il riconoscimento INAIL delle patologie amianto-correlate;


1981-1983 Iniziammo una causa civile (Camera del Lavoro e Inca) molto importante con la quale si confermò, fino in Cassazione nel 1989, la sussistenza del rischio amianto in tutti i reparti , con alcuni riferimenti molto preoccupanti rivolti all'inquinamento cittadino.Tale causa fu promossa contro l'accoglimento dell'INAIL della richiesta (documentata?) dell'Eternit di esonero dal pagamento del Premio Assicurativo per il rischio asbestosi/silicosi!
1984 Convegni ed iniziative sulle patologie amianto-correlate;
1986 Fallimento Eternit su auto-istanza, dopo 80 anni di attività e arrivando a sfiorare i 2.000 dipendenti, fu gettato via il limone oramai spremuto, con 350 disoccupati, rinnegando la promessa fatta anni prima di un nuovo stabilimento e di una possibile riconversione produttiva. Dopo pochi mesi mandarono avanti la SAFE (Eternit France) per riaprire l'Eternit ancora con l'utilizzo dell'amianto, il Sindacato (Camera del Lavoro) disse di no;
1987 Prima ordinanza sindacale in Italia, del Comune di Casale Monferrato, di divieto di utilizzo dell'amianto nel proprio territorio: fu il colpo di grazia al tentativo di riconciliarci con l'amianto;
1987 Le prime indagini epidemiologiche (Epidemiologia dei tumori dell'Università di Torino con l'ASL di Casale) delineano subito la strage, 200 decessi da amianto fra i lavoratori, seguono le indagini sui famigliari e cittadini;
1988 Costituzione dell'Associazione Famigliari Vittime Amianto con presidenza a Romana Blasotti Pavesi, seguirà anche la costituzione del Comitato Vertenza Amianto delle associazioni casalesi (AFVA, CGIL, Legambiente, WWF, Vitas assistenza malati terminali, Mutuo Soccorso, Cittadinanza Attiva).
1989 NO ALL'AMIANTO Convegno Camera del Lavoro, Regionale CGIL e Patronato INCA con l’Associazione a Casale Monferrato, all'epoca forse il più importante. Si lancia la proposta di una legge per la messa al bando dell'amianto e per la costituzione di un fondo nazionale per le vittime dell'amianto sia professionali che della popolazione in generale, per i benefici previdenziali atti a risolvere anche i problemi occupazionali che derivavano da una legge di riconversione ambientale e da realtà produttive già fallite come l'Eternit, la cava di Balangero ecc. Sei mesi dopo viene presentata la Piattaforma Nazionale Unitaria Cgil,Cisl e Uil per la messa al bando dell'amianto;
1992 Legge 257 - dopo tre anni di sit-in davanti al Parlamento, manifestazioni, petizioni ecc. viene approvata la L.257/92 (forse la più organica a livello internazionale ma senza il Fondo per le Vittime);
1993 Primo processo penale nei confronti dei vertici della Eternit SPA-Casale dopo otto anni di istruttoria, risultato deludente: in appello furono concesse le attenuanti generiche, omicidio colposo e quindi le pene (pur confermando la colpevolezza) furono ridotte a pochi mesi di reclusione e, soprattutto, la riduzione dei tempi di prescrizione tagliarono fuori le 800 parti lese - lavoratori ammalati e deceduti. Si ottenne, nel contempo, un risarcimento dal fallimento, per ragioni di principio, anche se poco più che simbolico, in tutto 7 miliardi delle vecchie lire allora, altri 5 milioni e mezzo di euro pochi mesi fa', (tutto l’attivo recuperato dalla curatela), con la chiusura definitiva dal fallimento;
1998 Piano di bonifica territoriale per 48 Comuni del Monferrato Casalese Legge 426/ Sito di interesse nazionale con finanziamenti pubblici (il Comune di Casale Monferrato aveva già attivato un servizio pubblico di raccolta, con incentivi, per lo smaltimento delle coperture d'Eternit rimosse).Per fortuna già da tempo l'inquinamento dell'atmosfera casalese è uguale, o addirittura inferiore, a quello delle altre città.Se gli Enti Locali, Regione e Ministero, insieme ai Privati, sapranno gestire bene quello che ancora resta da bonificare, il casalese fra pochi anni potrà diventare il territorio più pulito dall' amianto d'Italia. Va sottolineata la collaborazione, in corso da molti anni, fra Comune, Provincia, Regione Piemonte, ASL AL, ARPA, Ministero dell’Ambiente per le bonifiche-sperimentazioni, finanziamenti e gestione.


La bonifica, mediante i censimenti e l'individuazione delle priorità, è stata attuata in tutti gli edifici pubblici, nell'ex stabilimento (anche abbattuto) dove, quest'anno, sorgerà un parco pubblico. I siti privati bonificati sono oltre il 50% (restano circa 500.000 metri quadri in città più altrettanti nel territorio).
I contributi pubblici, capofila il comune di Casale, sono pari al 50% del costo per la rimozione e sostituzione delle coperture ed al 100% del costo per la bonifica dell'amianto friabile.
Friabile, a Casale, significa “Polverino” quale scarto di lavorazione , (polvere di tornitura) “smaltito” regalandolo ai cittadini e quindi diffuso nelle abitazioni, cortili, solai ecc. per pavimentazioni e coibentazioni.
I siti finora censiti di “polverino” sono ancora pochi, circa 130, dei quali quasi la metà bonificati o in via di bonifica. La stessa progettazione è a carico del Comune capofila, con monitoraggi dell'atmosfera a cura di ARPA – ASL. Tali bonifiche sono state sperimentate e validate a Casale da ARPA – ASL – Comune – Regione Piemonte – Ministero dell'ambiente.

Per fortuna già da tempo l'inquinamento dell'atmosfera casalese è uguale alle altre città.
Se gli Enti Locali, Regione e Ministero sapranno gestire bene quello che ancora resta da bonificare, il casalese fra pochi anni potrà diventare il territorio più pulito dall' amianto d'Italia.
E' evidente la necessità di recuperare una politica attiva del Governo e delle Istituzioni (Regioni, Province, Comuni, ASL ecc.) per recuperare risorse, censimenti, piani di bonifica, individuando le priorità di intervento, servizi pubblici territoriali di trasporto e smaltimento dei materiali contenenti amianto. La stessa Conferenza Nazionale Governativa sull'Amianto (L.257/92) va recuperata.

Occorre altresì confermare i seguenti obbiettivi:Fondo Nazionale per le Vittime dell'Amianto (professionali e per i cittadini).Lotta al mesotelioma, sviluppo della Ricerca, di cui il ruolo del nuovo Centro Regionale Amianto di Casale Monferrato con le recenti deliberazioni della Regione Piemonte per il finanziamento di progetti di ricerca.Nuove direttive europeeSi rende necessario ed urgente un ruolo attivo della Comunità Europea per la lotta internazionale contro l'utilizzo dell'amianto (come noto ancora in uso in oltre tre quarti del pianeta) e per il risanamento ambientale e la Ricerca sul mesotelioma. Occorre, altresì, una razionalizzazione ed omogeneizzazione al livello più alto delle varie normative nazionali in materie ambientali/bonifiche, sanitarie, risarcitorie, previdenziali.Crediamo,infine, che il processo ai vertici della multinazionale Eternit possa dare un grande contributo per far emergere la verità sulla tragedia dell’amianto, tanto enorme quanto assurda e su uno sviluppo che ha privilegiato il facile profitto senza badare alle gravissime conseguenze sulla salute pubblica e dei lavoratori.

Associazione Famigliari Vittime Amianto
Casale Monferrato, 20 maggio 2009